DISTURBI PSICOPATOLOGICI

«La psicopatologia è lo studio sistematico delle esperienze, delle cognizioni e dei comportamenti abnormi; è lo studio dei prodotti di una mente alterata.»
(Sims, 1997).

In senso generale essa si occupa di studiare i disturbi e le malattie mentali e con questi termini possiamo intendere ciò che viene definito tale dal sistema curante (Medicina e Psichiatria), ciò che rappresenta una deviazione statistica dalla norma e comporta uno svantaggio biologico, le malattie organiche nelle quali sono accertate anomalie del cervello.

Le psicopatologie interpretative (psicodinamica, comportamentale, esistenziale, ecc.) si interessano in particolare di indagare e comprendere i meccanismi disfunzionali che conducono a determinati sintomi e sindromi mentali. Attraverso i propri costrutti teorici, cercano di intervenire insieme al paziente al fine di ristabilire un nuovo equilibrio e benessere psichico.

Le psicopatologie descrittive evitano sostanzialmente le spiegazioni teoriche e si occupano invece di descrivere la sintomatologia osservabile, di classificare le esperienze abnormi riportate dal paziente e visibili dal suo comportamento. I principali metodi di classificazione delle malattie mentali utilizzati nella Psichiatria contemporanea sono due: la classificazione ICD (International Classification of the Diseases) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e il manuale DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) dell’American Psychiatric Association. Queste classificazioni sono state periodicamente revisionate. Attualmente si utilizzano l’ICD-10 (decima revisione pubblicata in italiano nel 2000) che fa una classificazione di tutte le malattie e al capitolo V delle patologie mentali e del comportamento, e il DSM-V (ultima revisione uscita in italiano nel 2014) che si occupa esclusivamente dei disturbi mentali.

Avendo già accennato ai modelli interpretativi tipici dei differenti approcci psicoterapeutici, vorrei qui fare una breve descrizione dei principali disturbi psicopatologici con riferimento al DSM-IV senza entrare nel merito degli specifici criteri diagnostici (tralascerò i disturbi somatoformi, fittizi, dell’adattamento, i disturbi tipici dell’infanzia e le sindromi prevalentemente organiche come le demenze, ecc.).

È importante ricordare che il disturbo non classifica e non etichetta la persona, bensì dà un nome, un’etichetta ad un insieme di sintomi presenti, secondo determinati criteri qualitativi e quantitativi che danno luogo ad un disagio significativo; quindi è un modo per dare un nome ad un disagio, che possa essere più facilmente compreso da tutti, soprattutto da professionisti diversi e in particolare quando sia utile una collaborazione tra psichiatra e psicoterapeuta.